Ricordo di Vincenzo Pelvi

Sono lieto di contribuire a risvegliare il ricordo dell’eroica figura di Luigi Scapuzzi, Ufficiale carrista, medaglia d’oro, che il 21 luglio 1943, donò la sua giovane vita nella battaglia di Leonforte, permettendo a tanti suoi amici di poter far ritorno alle proprie famiglie.
Oggi, ancor più che in passato, fare memoria significa offrire modelli di riferimento, aprendo un dialogo sull’esperienza umana, affrontando
certezze e incertezze di un’epoca che sempre più necessita di testimoni. Storia e memoria camminano insieme. Non ha futuro una società senza memoria. In un mondo plasmato dal positivismo e dal materialismo, ideologie che hanno condotto a uno sfrenato entusiasmo per il progresso tecnico e scientifico, sembra che non ci sia più spazio per la storia. Il passato appare solo come uno sfondo buio, sul quale il presente e il futuro risplendono con ammiccanti promesse. Tipico di questa mentalità è il disinteresse per la storia, che viene trascurata. Ciò produce una società che, dimentica del proprio passato e quindi sprovvista di criteri acquisiti attraverso l’esperienza, non è più in grado di progettare un’armonica convivenza e un comune impegno nella realizzazione di obiettivi futuri. Vengono, così, dimenticate intere epoche e ignorate importanti personalità. E’ il caso del IV Battaglione Carri di supporto alla VI Armata italiana della Divisione Livorno, unità operativa inviata al fronte in Sicilia, dove Luigi chiese di essere inviato.
Egli, uomo ricco di quella pace che illumina gli occhi e rapisce il cuore, giovane solare, innamorato della vita, della sua famiglia, della sorella Andreana,
del suo servizio militare fa parte di quella lunga schiera di persone che partono perché vogliono proteggere la Patria e il bene comune.
Nella sua esperienza cristiana, Luigi aveva compreso che l’amore vero è gratuito, perciò difficile. Amare chi ci ama è spontaneo e gratificante.
L’amore contraccambiato nutre il cuore. Ma se è vero, deve diventare amore per i meno amabili. Amare chi ci attrae per incanto di personalità, fascino, finezza, è amare dei ricchi. E il ricco può, in modo del tutto naturale, attirare la nostra attenzione, il povero invece ci chiama e il suo richiamo possiede qualcosa di esigente.
Per Luigi, la pace, prima che traguardo, era cammino in salita con le sue tabelle di marcia e i suoi ritmi, i suoi rallentamenti e le sue accelerazioni. Forse anche le sue soste. Non tutti i passi hanno una meta prefissata. Ci sono passi che vagano nella ricerca, i passi desolati di chi soffre, quelli smarriti dei piccoli, i passi perduti dietro fantasmi vani, quelli affaticati di chi non arriva mai a destinazione, i passi inconcludenti di chi non sa dove va…
Furono queste considerazioni che lo spinsero a condividere l’amore all’Italia e, senza chiedere il consiglio di nessuno, decise di servire la Patria mettendo
a rischio l’esistenza, restando fedele alla missione affidatagli perché il popolo italiano sperimentasse un tempo di pace. E scelse di rimanere solo, con lo sguardo che cercava un orizzonte, intento sul suo carro armato a capire la possibile vittoria del bene sull’odio e sulla violenza. Non scelse la fuga, convinto
che la vita si porta anche con la propria morte. L’amore non muore, non può morire e supera anche la barriera della morte. «Forte è la morte perché è capace di privarci del dono della vita. Forte è l’amore che è capace di ricondurci a un uso migliore della vita. Forte è la morte che è in grado di spogliarci del vestito di questo corpo. Forte è l’amore che è capace di strappare le nostre spoglie mortali e restituircele…
Forte come la morte è l’amore, perché l’amore di Cristo è la fine della morte» (Baldovino di Canterbury).
Se vuoi conoscere il segreto della morte, cercalo nel cuore della vita. La morte non ci sta davanti ma è nel cuore della nostra esistenza, e lì ci attende. Ogni tentativo di rimuoverla è illusorio e destinato a fallire. Essa va affrontata, a partire da Gesù Cristo che l’ha vissuta, sconfitta e trasfigurata.
Il Signore ci insegna ad avere più paura di una vita sbagliata che non della morte. A temere di più una vita vuota e inutile che non l’ultima frontiera che oltrepasseremo aggrappandoci forte al cuore che non ci lascerà cadere. Dio non risponde al nostro desiderio di spiegazioni, ma al nostro bisogno di felicità.
Queste pagine, intrise di affetto e dolore, esprimono a Luigi riconoscenza e gratitudine per come ha vissuto, amato e sperato. Sarebbe inutile la lettura di questo testo se non imparassimo, sull’esempio di chi ha donato se stesso, che la vita non è possesso o conquista. Nella generosità dei nostri militari si nasconde
una profonda sapienza, frutto di rinunce e sacrifici, e che resta punto di riferimento luminoso per tracciare la rotta della storia, pur nell’oscurità dell’inedito.

 

Roma, 21 luglio 2013
Vincenzo Pelvi
Arcivescovo Ordinario militare per l’Italia

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