Ancora attuale l’insegnamento di un eroe di ieri

Ripensando oggi al sacrificio del sottotenente Luigi Scapuzzi
di Fausto Fiorentini
Come riportato nelle prime pagine, la motivazione della medaglia d’oro conferita al sottotenente Luigi Scapuzzi è significativa per conoscere la personalità di questo eroe della seconda guerra mondiale. Innanzitutto colpisce quel “chiedeva insistentemente… di essere trasferito… in zona d’operazioni”. E poi: “Durante
un combattimento notturno particolarmente accanito, posto a protezione di reparti duramente attaccati eseguiva continue puntate offensive per tentare di contenere l’urto degli assalitori. Esaurite tutte le munizioni di bordo piuttosto che ripiegare, preferiva imbracciare il mitra e col busto eretto fuori dal carro continuava nell’impari lotta. Trovava così morte gloriosa, colpito in pieno petto”.
Siamo in Sicilia, durante la seconda guerra mondiale e la data è quella del 10-22 luglio 1943. Richiamiamo in breve gli estremi storici: già la data che abbiamo riportato ci avvisa che siamo nel pieno del secondo conflitto mondiale. Dal 10 luglio 1943 è iniziato lo sbarco degli Alleati nell’isola italiana: tutto era iniziato con un terribile cannoneggiamento delle numerose navi degli Alleati sostenute da una imponente forza aerea (a loro non mancavano certo i mezzi) per spianare la strada alle truppe che avrebbero dovuto invadere la Sicilia per dare il via alla campagna che avrebbe dato la spallata agli avversari partendo dal Mediterraneo. Prima dello sbarco sulle coste siciliane, gli alleati avevano conquistato le isole di Pantelleria (11 giugno), Lampedusa (12 giugno), Linosa (13 giugno) e Lampione (14 giugno). Un’avanzata programmata nei particolari e soprattutto sostenuta da ingenti forze anche per la posta in gioco: la conclusione della guerra. In Sicilia erano stanziati consistenti forze dell’esercito italiano che, secondo quanto riferiscono gli storici, erano fortemente demotivate.
Come va a finire è noto: siamo ad un anno dal 25 luglio 1944 quando il regime fascista si sarebbe dissolto, anche se la strada per la conclusione sarebbe stata ancora lunga. Per gli italiani sono, questi, anni di verifica del cammino compiuto negli ultimi tempi: gli avvenimenti che sono tra questo tragico luglio 1943, che vede gli scontri in Sicilia, e il 25 aprile del 1945, quando viene scritta la parola fine, sono importanti in quanto i nodi vengono al pettine e molti hanno l’opportunità di valutare il cammino percorso e il senso degli avvenimenti che stavano vivendo.
Noi e gli avvenimenti Vissuti dal sottotenente Scapuzzi

Noi, spesso, dopo circa settant’anni, quando riandiamo a questo periodo che i più non hanno vissuto,
tendiamo ad abbandonarci a giudizi che spesso sono, a dir poco, approssimativi se non ingenerosi. Non sempre siamo sereni nel valutare il comportamento
delle nostre Forze Armate. Il sacrificio di Luigi Scapuzzi ci aiuta a tornare a considerare sotto la giusta luce questi soldati che hanno dato la vita per l’Italia. Poco conta, da un’angolazione sociale ed umana, se la loro parte è uscita sconfitta della guerra. La componente patriottica: abbiamo iniziato questo
breve intervento richiamando la motivazione della medaglia d’oro data alla memoria. Sappiamo molto bene che il nostro è un tempo “antieroico” per definizione. Inoltre nel periodo che ci separa dalla conclusione della seconda guerra mondiale sono state compiute molte analisi spesso dettate da motivi di parte, anche se in genere in buona fede.
Un giovane come il sottotenente Luigi Scapuzzi non aveva partecipato agli eventi politici del suo tempo. Aveva compiuto studi umanistici, aveva iniziato a fare l’insegnante e quando la patria l’ha chiamato alle armi, è partito con l’entusiasmo che costituisce un prezioso patrimonio di un giovane della sua età. Non a caso abbiamo usato la parola “patria”, oggi un po’ in disuso. Il sottotenente Luigi aveva giurato fedeltà al Re e non al capo di un partito politico. Questo
è importante. Quindi aveva giurato di mettere la sua vita a difesa della libertà di un popolo giungendo al supremo sacrificio. E’ con questo spirito che noi, a distanza di tempo, continuiamo a ricordarlo e il suo ricordo va oltre gli schieramenti di parte. La sorella dottoressa Andreana sottolinea, nelle pagine di questo libro, che il padre c’è rimasto male: se l’avesse saputo che intendeva arruolarsi, lo avrebbe consigliato. Per forza maggiore sintetizziamo, ma il lettore avrà modo di leggere il passo che citiamo. Comprensibili le diverse considerazioni che potevano fare un padre o – se si preferisce – un “anziano”, che aveva avuto modo di fermarsi a considerare le ragioni che avevano portato l’umanità ad una guerra conclusasi con milioni di morti, ed giovane. Due realtà molto diverse: l’idealismo del giovane ed il pragmatismo dell’anziano. Se si fossero incontrati e misurati forse si sarebbero delusi a vicenda. Almeno ora ci viene questo dubbio. Noi, non siamo per la guerra e per le soluzioni dei problemi con il ricorso alla forza. Ma questi aspetti della questione non interessano ora le nostre considerazioni.
I nostri soldati – questo va loro riconosciuto senza distinzioni cavillose – avevano indossato una divisa, portavano le stellette che nella loro semplicità rappresentano le regole del mondo militare, ed avevano fatto un giuramento al Re, quindi all’Italia. A maggior ragione questo vale per un ufficiale chiamato
a particolari responsabilità verso i propri subalterni, ma anche verso un ideale e a questo deve aver pensato il giovane carrista quando, “esaurite tutte le munizioni di bordo, piuttosto che ripiegare, preferiva imbracciare il mitra e col busto eretto fuori dal carro continuava nell’impari lotta. Trovava così morte gloriosa, colpito in pieno petto”.
Ci insegnava, qualche anno fa, un maestro di storiografia che le motivazioni delle decorazioni militari vanno utilizzate con cautela in quanto sono spesso farcite di retorica. Può essere vero, ma in questo caso predominano i fatti. Un carrista rimasto senza carro armato, per noi che vediamo questi avvenimenti da lontano e a freddo, potrebbe essere autorizzato a fermarsi e a cessare il combattimento. Chi lo potrebbe accusare di vigliaccheria?
Non è così per Luigi Scapuzzi: continua a combattere con le armi che gli sono rimaste. Non lo possiamo credere talmente ingenuo da non conoscere i rischi che stava correndo. Anzi, come ufficiale che disponeva di una specifica preparazione anche operativa, sapeva molto bene a che cosa andava incontro.
Eppure lo fa. Fanatismo o senso del dovere? La domanda è retorica, vale a dire tutti noi conosciamo molto bene la risposta. Senso del dovere ed amore per la patria. In questo l’esempio del giovane ufficiale vale ancora oggi come insegnamento. E facendo questa affermazione non pensiamo a nuove guerre. Ci auguriamo, come certamente pensano i lettori di questo breve scritto, che l’umanità rifugga il più possibile dal ricorso alle armi per risolvere
le proprie controversie. L’affermazione, fatta in generale, non ha il riscontro della realtà. Purtroppo i mass media dedicano anche in questo nostro tempo molto spazio, troppo, a conflitti armati che insanguinano varie parti della nostra Terra.
Noi, cittadini dell’Italia, e, per esteso, di tutta l’Europa, ci auguriamo che il sacrificio di soldati come Luigi Scapuzzi serva almeno a noi di insegnamento. La nostra civiltà va difesa con tutti i mezzi, anche a costo del sacrifico supremo, ma chi ha specifiche responsabilità nella guida dei popoli ricordi molto bene le tante vite, come quella del giovane Luigi, sacrificate sui campi di battaglia.
E’ un tema, questo, sul quale non riteniamo di soffermarci ulteriormente in quanto pensiamo che molti saranno della nostra stessa opinione.

I ricordi della sorella Andreana
Questa pubblicazione non è, però, solo il ricordo di un eroe il cui sacrificio ha aiutato i sopravvissuti a scrivere la storia che giunge ai nostri giorni. Le pagine
che seguono sono state firmate dalla sorella. La dottoressa Andreana Scapuzzi è una psicologa clinica, quindi possiede una specializzazione che le ha dato gli strumenti per analizzare l’animo umano. L’autrice, pur non avendo avuto la possibilità di conoscere a lungo il fratello, è riuscita nel migliore dei modi a ricostruire la personalità di Luigi. Concedetemi di rileggere un paio di passaggi rimandando il lettore al testo integrale: “Quando giunse la tragica notizia della morte di Luigi, avevo soltanto venti mesi di vita. Molto pochi per poter avere una chiara consapevolezza di lui, della sua persona, del suo eroico gesto e anche del tragico evento che ci aveva colpito. Eppure oggi, a distanza di tanti anni, sono più che mai convinta che Luigi è stato una presenza molto importante e autorevole nella mia vita”. E ancora: “Luigi era un fratello davvero speciale. Fin dalla mia nascita, aveva per me un affetto e un’attenzione fuori dal comune. Fu lui a proporre il mio nome. Essendo nata il giorno di santa Caterina d’Alessandria, i miei genitori pensavano di assegnarmi lo stesso nome della santa, ma Luigi chiese insistentemente ed ottenne, di chiamarmi Andreana, in ricordo del nonno Andrea mancato pochi mesi prima, al quale era particolarmente legato. La mamma me lo raccontava con tanto orgoglio e ammirazione. E’ come se Luigi – mi diceva convinta – attraverso la scelta del tuo nome, inconsapevolmente, avesse voluto lasciare un ricordo indelebile nella tua vita, un sigillo del suo affetto. E così è successo”.
L’esperta di psicologia applica a se stessa le tecniche della sua scienza e il risultato è straordinario. Ci sono pagine che sono indirizzate al ricordo del fratello
Luigi, ma sono illuminanti anche per tutti coloro, e quindi per tutti, che portano il peso di perdite importanti. La dottoressa Andreana in un passaggio parla di “assenza, più acuta presenza”. E’ un’affermazione che guida anche persone che nulla hanno a che fare con caduti in battaglia, ma giorno dopo giorno affrontano la fatica di vivere. Ovviamente non mancano poi riferimenti al sacrificio del fratello, ufficiale dei carristi italiani. Anche la Psicologa si trova a dover parlare di patria, di senso del dovere e guerra. Ovviamente è la professionista chiamata a giudicare nello stesso tempo la psiche, ma anche il rapporto tra gli esseri viventi e quindi il discorso si sposta inevitabilmente sul sociale. Tutto questo nel ricordo di un giovane che ha sacrificato la propria vita, ma che continua a vivere con i suoi familiari, se lo consideriamo nella sua individualità. Spazio anche al sentimento di un intero popolo se pensiamo all’ufficiale dei carristi italiani che ha dato la vita per la sua, la nostra, patria.

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